Ascoltare

Pensando al concetto di Rivelazione biblica che, in estrema sintesi, può essere definita come “la Parola che Dio rivolge all’umanità”... si può comprendere per quale motivo l’ascolto, da parte del credente, di tale Parola rivelatrice… sia uno dei fondamentali temi sviluppati nelle pagine delle Sacre Scritture.
Nelle due principali lingue bibliche, il verbo “ascoltare” (in ebraico shama', ed in greco akoúein) contiene in sé l'esortazione rivolta al credente affinché si coinvolga in una volontaria obbedienza alla Parola divina.
Per conseguenza, il fedele che effettivamente ascolta non si limita ad udire con le orecchie o a comprendere con l’intelletto ma, ben di più, si impegna ad aderire con tutto il suo essere alla Parola ascoltata, in modo da venirne trasformato interiormente nonché guidato nella propria condotta di vita.
E’ infatti questa la prospettiva verso la quale orienta anche il significato del sostantivo ebraico 'emet (di solito tradotto nella Bibbia come “verità”), un termine alla base del quale c'è la stessa radice verbale (‘mn) del nostro vocabolo amen, il cui significato rinvia al nostro fidarci di Dio (in ebraico ’āman significa “credere”) oltre che alla stabilità che il Signore ci offre con la sua perfetta fedeltà.
Pertanto, nella Bibbia l’ascolto del fedele è veramente tale nella misura in cui egli sa rispondere con fedeltà alla perfetta fedeltà di Dio, e ciò accade quando egli fa coincidere l'ascolto della Parola con una piena e concreta adesione esistenziale alla verità da lui riconosciuta ed accolta.
E’ in questo orizzonte concettuale che si comprende pure il vocabolo ’amēn (anch'esso derivante dalla radice 'mn) pronunciato dal credente per esprimere l’idea  di voler “essere  stabile,  solido,  fermo,  sicuro” nella verità di Dio, la quale infatti viene biblicamente definita ‘emet anche in relazione al fatto che il Signore è sempre Sé stesso… e incessantemente, in modo stabile e certo, Lui Si offre a noi in quanto Vita e Amore.
Proprio per richiamare questa biblica radice di immutabile stabilità e certezza della verità, il Gesù sinottico usava introdurre le Sue divine Rivelazioni con il termine “amēn” (nella celebre formula « “in verità” ti/vi dico »), che addirittura diventa “amēn, amēn” nel Gesù giovanneo.
Per essere in sintonia con tale verità, il credente deve dunque far sì che al suo ascoltare corrisponda la stabilità nell’impegno di tradurre fedelmente in pratica gli insegnamenti di verità ricevuti, nella consapevolezza che noi “non amiamo a parole ne con la lingua, ma coi fatti e nella verità. Da questo conosceremo che siamo nati dalla verità” (1Gv. 3,18-19).
Ecco allora che la beatitudine di cui per esempio parla Gesù nel momento in cui chiama “beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano” (Lc 11,28), è proprio riferita a quanti dimostrano questo impegno interiore nell'assimilare la verità che hanno ascoltato per trasformarla in coerenti azioni di vita... e nel combattere, per conseguenza, ogni compromesso e contraddizione interiore.
Va da sé che, affinché ciò accada, la Parola divina non deve essere trattata come se fosse soltanto una realtà astratta, da “contemplare” a distanza ma... ben diversamente... il fedele deve fare tutto il necessario per portarla concretamente dentro di sé, facendo per esempio in modo che essa possa “arare” i "terreni" della sua coscienza, scuotendola dall'oblio, provocandola e spingendola a reagire.
Coloro che attuano per davvero questo biblico ascolto diventano il “terreno buono” sul quale il "seme" della Parola divina produce frutto (Cfr. Lc 8,15; Is 55,10-11).




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