In sostanza… la benedizione invocativa è una preghiera che assume il significato di “dire” in anticipo il “bene”, cioè il divino dono vivificante richiesto a Dio… confidando nell’esaudimento della petizione a Lui presentata.
Dono divino per eccellenza è evidentemente lo Spirito Santo, che si manifesta con i suoi frutti vitali, accordando rigenerazione e prosperità al credente che invoca la benedizione divina.
Tra i brani biblici che permettono di riflettere sul significato invocativo della benedizione, particolarmente emblematica è la celebre vicenda di Giacobbe, che lotta tutta la notte, corpo a corpo, con “un uomo” misterioso (che in realtà è Dio) rifiutandosi di darsi per vinto, fino al momento in cui… dopo aver riconosciuta la realtà soprannaturale di quell’ “uomo”… praticamente lo “forza” a concedergli la sua benedizione: “Non ti lascerò, se non mi avrai benedetto!” (Gen 32,27).
Questo celebre episodio si presta ad essere interpretato anche come un invito rivolto al credente... affinché si dimostri anch’egli capace di profondere ogni sforzo pur di “convincere” il Signore a concedere l’energia vivificante della sua benedizione.
Nella tradizionale prassi religiosa, la benedizione è il rito che il fedele può chiedere al suo ministro di culto, a beneficio di sé stesso o di un’altra persona bisognosa [*].
Il ministro di culto pronuncia la benedizione in nome di Dio e, per quanto riguarda specificamente la tradizione cristiana, egli può impartirla con il segno di croce, o mediante l'imposizione delle mani, oppure anche con l'utilizzo di un elemento appositamente benedetto, come per esempio l'acqua o l'olio.
[*] P.S. - In questo specifico caso, il rito della benedizione non va confuso con la preghiera di intercessione a favore di una persona bisognosa, perché questa preghiera di intercessione può anche essere celebrata direttamente dal fedele e, in questo caso, la presenza del ministro di culto non è indispensabile.
Segue: Umane benedizioni
Vai al GPS