Uno sguardo rivolto... alla concezione cristiana della Grazia

Nella prospettiva teologica che scaturisce dal Vangelo di Giovanni, la massima espressione della Grazia di Dio è l'incarnazione del Verbo divino, che nel Cristo “si fa carne” (Gv 1,14) per annunciare la salvezza, e per consentire la sua piena realizzazione in coloro che Lo accolgono.
Il Cristo è la “personificazione” della Grazia (Gv 1,17), il definitivo ed immutabile Amen (Ap 3,14) posto da Dio sulla sua alleanza con l'umanità... la suprema espressione della sua perfetta fedeltà (Ap 19,11).

In un fondamentale versetto del suo Inno al Logos, l'evangelista Giovanni scrive che dalla pienezza del Logos-Cristo “noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia” (Gv 1,16) [a]
La prima grazia nominata in questo versetto può essere riconosciuta nella venuta universale del Verbo-Cristo non-incarnato (in greco “Logos ásarkos”), il quale fin dall'alba dei tempi si è manifestato nel cosmo in quanto “vita” e “luce” (Gv 1,4)… e si è anche “riverberato” con particolare intensità nella storia sacra del popolo di Israele.
Poi, l'ulteriore grazia è costituita dal Verbo incarnato (in gr. “Logos énsarkos”) in Gesù Cristo, sublimazione della verità-fedeltà di Dio (Gv 1,18).  

In questa peculiare prospettiva giovannea si delinea dunque una concezione universale della Grazia divina, e questa visione teologica è inconciliabile con quelle dottrine cristiane che invece, in maniera “esclusivista”, vorrebbero sostenere un'idea  di salvezza che sarebbe inaccessibile ai credenti delle fedi differenti dalla propria, sulla base di principi quali per esempio il famigerato “extra ecclesiam nulla salus”.

Ben lungi da queste miopi interpretazioni teologiche... che disconoscono il concetto universale di salvezza contenuto nel messaggio di Cristo... l'Amore del Padre nostro, e quindi la sua Grazia, sono invece rivolti a tutta l'umanità... anche se non tutti gli esseri umani, purtroppo, accolgono questo dono divino.

Chiarito questo aspetto, possiamo dunque osservare come l'evangelista Giovanni, oltre ad evidenziare questa concezione universale della Grazia divina, ci inviti a riconoscere in Gesù il Verbo (Logos) incarnato che ha reso visibile la Grazia divina nel suo corpo di vero uomo: in Lui, infatti, il Logos divino... che sin dal principio era presso Dio ed era Dio (Cf. Gv 1,1) e che sin dall'alba dei tempi è luce e vita degli uomini (cf. Gv 1,4)... si manifesta con pienezza escatologica quale sublime espressione dell'amore del Padre, che dà il Figlio “perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna” (Gv 3,14). [b]   

In tale prospettiva cristologica, l'incarnazione del Verbo costituisce pertanto la massima espressione della Grazia, la sua personificazione nel vero uomo (oltre che vero Dio) Gesù e... per conseguenza... nella passione di Gesù può essere identificata anche la massima espressione della fedeltà di Dio all'alleanza, perché il Cristo... affrontando l'immolazione della croce... si fa “agnello di Dio” (cfr. Gv 1,29), dono salvifico per tutta l'umanità e sublimazione della divina Misericordia.

Oltre all'evangelista Giovanni, l'altro grande autore neotestamentario che tratta il tema della Grazia è Paolo di Tarso il quale... anche a fronte della sua personale esperienza sulla via di Damasco... elabora una dottrina della Grazia intesa come l'Amore divino che “fa irruzione” nell'esistenza dell'essere umano per determinare il suo cambiamento interiore.
Nella visione teologica paolina, a questo gratuito intervento della Grazia l'essere umano è chiamato a rispondere con la fede intesa quale accettazione del dono di Dio, ed è in questa prospettiva che va compresa la ben nota dottrina paolina della giustificazione per fede anziché per le opere della legge (come si credeva invece nella visione tradizionale ebraica).
Nella sua celebre lettera ai Romani, Paolo scrive tra l'altro che “l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo” (Rm 5,5), a significare che l'azione della Grazia, e la comunione del credente con Cristo, e quindi con il Padre suo e nostro, avviene – per l'appunto – attraverso lo Spirito, che è al contempo lo Spirito di Dio e lo Spirito di Cristo (cf. Rm 8,9)

Va da sé che per produrre i suoi frutti la Grazia... cioè la gratuita iniziativa d'Amore del Padre nostro che rivolge la sua benevolenza all'umanità...   deve “incontrarsi” con la volontà del credente, che decide di collaborare con Lui.  



Segue: Le radici bibliche della Benedizione

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P.S. - In relazione alla visione cristiana della Grazia che è sintetizzata in questa pagina, le prospettive teologiche che scaturiscono dal Vangelo di Giovanni e dalle lettere di Paolo di Tarso evidenziano, oltre a delle analogie, anche delle diversità. 

Chi fosse interessato ad approfondirle, può farlo anche “percorrendo” la pagina “Sentiero panoramico” (nel mio blog "Sui sentieri del Vangelo di Giovanni"), dove ho tra l'altro messo in evidenza alcune peculiarità cristologiche che differenziano questi due grandi autori neotestamentari, ai quali gli studiosi sono soliti riferirsi parlando di “theologia gloriae” per Giovanni, e di “theologia crucis” per Paolo.
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Ulteriori piste di Approfondimento:
[a] Vedi la lettura di Gv 1,16 nel mio blog “Sui sentieri del Vangelo di Giovanni”.
[b] Vedi il post "Questioni di virgole", nel mio blog "Diario di un monaco, discepolo di Swami Roberto"