Il Dio invisibile... e l'umana contemplazione della sua gloria

Jahvè “riempie il cielo e la terra” (Cfr Ger 23,24) vedendo “tutto ciò che è sotto la volta del cielo” (Gb 28,24) ed inoltre - ci dicono le pagine dell'Antico Testamento - Lui è anche un “Dio nascosto” (Is 45,15), che nessuno può vedere se non è Lui a volersi manifestare.
Come già abbiamo visto percorrendo la tappa dedicata alle “teofanie bibliche”... Jahvè si manifesta peraltro in un modo che rimane sempre velato, tale da preservare la purezza della sua trascendenza.
Lo stesso Mosè, che pure ha il privilegio di parlare “bocca a bocca” con Dio e di contemplare “l'immagine del Signore” (Nm 12,8)...  quando prega Jahvè dicendoGli “Mostrami la tua gloria!” (Es 33,18) , si sente rispondere: “Tu non potrai vedere il mio volto, perché nessun uomo può vedermi e restare vivo” (Es 33,20).
In questo celebre episodio il volto di Jahvè... che rimane dunque invisibile...  viene identificato con la sua "gloria" (in ebraico kabôd), che è uno dei fondamentali concetti teologici presenti nella Tōrāh.
Ben diversamente dall'accezione “profana” della gloria intesa come fama, rinomanza, celebrità... in senso biblico la “gloria” di Jahvè è il suo divino svelarsi all'essere umano e, facendo riferimento al significato del termine ebraico kabôd (che letteralmente indica qualcosa di pesante), la gloria di Dio può essere compresa come la manifestazione della sua presenza, il cui “peso” sovrasta l'essere umano, facendogli percepire il suo soprannaturale splendore e facendogli intuire la sua trascendente grandezza.
La “gloria di Jahvè” può dunque essere intesa come l'epifania di Dio che è resa visibile all'essere umano dallo splendore di ciò che Egli fa e, in questa prospettiva, il termine “gloria” designa il rivelarsi di Dio con tutto il "peso" della sua maestosa potenza.
Pertanto, nelle pagine della Bibbia ebraica possiamo osservare come l’uomo sia incapace di “vedere” Dio... potendo invece contemplare la sua “gloria”, vale a dire i segni della sua divina presenza, i suoi meravigliosi interventi salvifici, le sue apparizioni, i gesti di potenza che Jahvè opera in favore del suo popolo.
Una particolare epifania della gloria divina è quella che irraggia la “presenza del Signore” nella tenda del convegno che – dice Jahvè “sarà consacrata dalla mia gloria” (Es 29,43-44), diventando il santuario mobile nel quale Lui parlerà a Mosè e dunque al popolo.
A partire da questa divina promessa la gloria di Jahvè, che troneggia sull’arca dell’alleanza posizionata all'interno della tenda del convegno, viene “segnalata” dalla nube che la copre: “per tutto il tempo del loro viaggio, quando la nube s'innalzava e lasciava la Dimora, gli Israeliti levavano le tende”... “e, durante la notte, vi era in essa un fuoco, visibile a tutta la casa di Israele” (Cfr. Es 40,36-38).
Questa concezione cultuale della gloria divina trova poi compimento quando “l'arca dell'alleanza del Signore viene fatta salire a Gerusalemme e introdotta nel sacrario del Tempio, nel Santo dei Santi, sotto le ali dei cherubini”... “e la nube riempì il tempio del Signore"... “e la gloria del Signore riempiva il tempio del Signore” (1 Re 8,6.10.11).
Proprio la biblica concezione di tempio sarà l'oggetto della prossima tappa di questo nostro viaggio.

P.S. - Vedi anche il post "Appuntamento con Dio", nel mio blog "Diario di un monaco, discepolo di Swami Roberto"




Segue: Il Nome divino... nel Tempio di Gerusalemme

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