« Questo è il mio nome per sempre » (Es 3,15)

Scorrendo le pagine della Tōrāh, si può osservare come il Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe sia chiamato con nomi diversi.
A partire dai due termini ebraici tradotti con “Dio”, vale a dire El (“la divinità”) e Elohim (plurale di El), troviamo per esempio El-Elion (Dio altissimo) El-Roi (Dio che vede) El-Olam (Dio eterno), ’El-Shaddaj (Dio onnipotente o delle montagne)... ma il più significativo dei nomi di Dio è comunque quello rivelato nel Libro dell'Esodo (3,14), nel celebre episodio del roveto ardente:
Quando Mosè Gli chiede di conoscere il suo nome, Dio risponde: “Io sono colui che sono” (in ebraico “'ehyeh 'ăšer 'ehyeh”) rivelando dunque il nome-verbo da cui sono derivate le quattro lettere sacre JHWH (yōd, hē, wāw, hē) costitutive del cosiddetto "nome tetragrammo", o “tetragramma sacro”.
Questo nome personale del Dio d'Israele è pertanto collegato con una radice verbale che ha sostanzialmente il significato di “esser(ci)”, e in una tradizionale interpretazione teologica esso viene inteso non tanto come un'affermazione metafisica dell'Essere di Dio, bensì come la proclamazione che Lui manifesta la sua presenza laddove viene invocato nel modo giusto (Cfr. É.Cothenet, Grande Dizionario delle religioni, Cittadella Editrice, Assisi, 1990, p.1067).
Il fatto poi che in questa sua teofania il Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe si sia nominalmente rivelato mediante un'espressione verbale... fa sì che alcune interpretazioni esegetiche leggano JHWH come il nome che Dio ha volutamente mantenuto misterioso, a significare che, nella sua Realtà trascendente, Egli è sempre "Altro" ed è sempre "Oltre".
Infatti, pur se Jahvè rivela chiaramente la sua identità personale mediante un'azione visibile e attiva nella storia... al contempo Lui rimane fondamentalmente irraggiungibile ed inconoscibile per l'essere umano.
Anche in relazione a questo principio, con l'approssimarsi dell'era cristiana il Giudaismo comincia rispettosamente ad evitare di pronunciare il nome tetragrammo... al quale sostituisce l'appellativo Adonai (il Signore), che nelle antiche traduzioni bibliche LXX e Volgata divenne rispettivamente: in greco κύριος (Kyrios), ed in latino Dominus.
Oltre che mediante la sostituzione di JHWH con Adonai...   nel Giudaismo la maestà trascendente di Jahvè viene rispettata utilizzando svariati altri nomi e termini sostitutivi del tetragramma sacro, come per esempio “Nome” (in ebr. “shem”), “Luogo”, “Potenza”, “Gloria” ecc ecc....
Su uno dei nomi divini che caratterizza la letteratura rabbinica, vale a dire Shëkhināh (che significa "presenza di Dio"), torneremo a soffermarci nel prosieguo di questo nostro viaggio... che adesso continua invece con una "escursione" nei territori della "Gloria di Jahvè".


P.S. - Il divino nome tetragrammo JHWH è richiamato dalla celebre autodefinizione del Gesù giovanneo, che afferma la propria divinità dicendo di Sè: “Io sono”. (Vedi la voce “Io sono” nella pagina “Glossario” del mio blog “Sui sentieri del Vangelo di Giovanni”).
Inoltre, nel Nuovo Testamento viene assegnato a Gesù anche il titolo “Kyrios” (Signore), che pone in evidenza la sua divinità.



Segue: Il Dio invisibile... e l'umana contemplazione della sua gloria

Vai al GPS