La radice sanscrita « DRŚ »… ed il verbo ebraico « DRSh »

Dopo che nelle precedenti tappe abbiamo rivisitato la concezione ebraico-cristiana di Tempio, facciamo adesso una repentina “escursione” ad Oriente, immaginando di trovarci per qualche momento all'interno di un Tempio induista, designato dal termine sanscrito “Mandir” (che significa “casa”).
Intorno a noi ci sono alcuni fedeli raccolti in preghiera, che stanno facendo esperienza della presenza divina nel cosiddetto “Darshan”, un termine derivante dal sanscrito Darśana che, in quanto sostantivo, viene impiegato con il significato di “vista”, “visione”, "percezione"...  per designare l'incontro con il Divino, la cui presenza può essere per esempio rappresentata da una statua sacra, oppure da un Guru, cioè da un maestro spirituale indù (dal sanscrito guru, che significa “profondo”).
In quanto aggettivo, il termine sanscrito darśana assume invece il significato traducibile nelle espressioni “che mostra”, “che vede”, “che insegna” (Cfr. Diz.sanscrito, Vallardi, Milano 2005, p.258)... ed è questa sua accezione che ci porta ad affacciarci sul sistema di pensiero filosofico indiano, all'interno del quale « la parola “darśana” significa un modo particolare di considerare le cose, un metodo di approccio al reale, e infine un sistema di pensiero che permette una visione diretta della verità ultima » (Cfr. Michel Delahoutre, Grande Dizionario delle religioni, Cittadella Editrice, Assisi 1990, p.476).

Un Darshan di Swami Roberto
nel Tempio di Anima Universale (TO)
Ebbene, questa particolare accezione della radice sanscrita DRŚ ci fa tornare in modo del tutto naturale sul percorso dal quale ci siamo momentaneamente allontanati... ovvero in quella tradizione biblica nella quale incontriamo l'assonante verbo ebraico “DRSh”, che significa “interpretare, spiegare la scrittura”, e dal quale deriva il termine ebraico Darshan usato nell'Ebraismo per indicare l'azione del Rabbi che conduce il discepolo a riflettere sui contenuti del Testo Sacro.
Dal verbo ebraico DRSh discende poi il sostantivo midrāsh (con i suoi derivati derasha e darshan, in aramaico darosha) che designa la forma più antica di spiegazione delle Scritture.

Storicamente, il midrāsh (plurale midrāshīm) conosce un particolare sviluppo nell'epoca talmudica (ultimi secoli a.C., e primi cinque secoli d.C.) quale indagine esegetica del Testo Sacro volta ad adattare il contenuto già definitivamente fissato della Tōrāh, al mutare dei tempi, ovvero al variare delle condizioni sociali e politiche nelle quali i principi del messaggio biblico vengono applicati.
È in questo senso che « la parola Midrāsh assume il significato di “scrutare la volontà di Dio nella Tōrāh” » (Cfr. Kurt Hruby, Grande Dizionario delle religioni, Cittadella Editrice, Assisi 1990, p.1343)... e i midrāshīm diventano un elemento costitutivo della cosiddetta Torāh orale.
La radice ebraica DRSh ci ha dunque riportato nel cuore della tradizione biblica dove, nella prossima tappa, rivisiteremo il fondamentale concetto di “Parola di Dio”.


"Piste" di approfondimento:

- Nel mio blog "Diario di un monaco, discepolo di Swami Roberto":
Il Darshan di Swami Roberto
Il Darshan... per me
Il "ventaglio" del Darshan

- Nel sito di Anima Universale, dal quale traggo questo passaggio:




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