Nella teologia del Lógos, Dio si rivela anche ai “pagani” mediante i “semi” del Verbo

Dopo che nella tappa precedente siamo entrati nel concetto cristiano di “Rivelazione divina” custodito nel quarto Vangelo, adesso possiamo metterne in risalto un particolare aspetto relativo al Verbo, che sin dal principio “era presso Dio” (Cfr. Gv 1,2), e si è manifestato in quanto Vita e Luce (Cfr. Gv 1,4) anche prima della sua incarnazione in Gesù di Nazaret.
Nella prospettiva cristologica che scaturisce dal messaggio teologico giovanneo, il Lógos-Cristo non è infatti soltanto il Verbo che si incarna in Gesù (“Lógos énsarkos”) per portare a compimento la Rivelazione ancora parziale trasmessa da Mosè al suo popolo (Cfr.Gv 1,16-18)… ma è anche il Cristo preesistente (“Lógos ásarkos”), divino mediatore nell'ordine della creazione e della salvezza,  presente in ogni elemento dell’universo al quale, sin dall’alba dei tempi, dà movimento e vita.
Sono queste le basi teologiche sulle quali, nei primi secoli dell’era cristiana, i cosiddetti “Padri apologisti” svilupparono una teologia del Lógos nella quale Lo presentarono come la “ragione seminale” di ogni cosa, riconoscendone per esempio l’azione anche sui saggi dell'antichità, al di fuori della tradizione biblica… stabilendo così un ideale ponte di collegamento con il « lógos spermatikós della teoria stoica, cioè con la ragione “seminale” o principio “attivo” (poioûn) del cosmo, che fecondando la materia inerte e senza qualità la rende capace di generare » (Cfr. Enciclopedia Garzanti di Filosofia, 1994, pag.658).
Questa “affinità” concettuale permise di instaurare un “ponte” di comunicazione tra il messaggio cristiano e il mondo pagano, come per esempio fece Giustino di Nablus, filosofo greco convertito a Cristo e diventato poi uno dei più famosi Padri della Chiesa, il quale parlava dei “semi del Verbo” per indicare il Lógos diffuso in ogni essere umano, da lui chiamato Lógos spermatikos, o Lógos seminale (Cfr. Giustino, Apol. II 8,3 e 13,3).
Giustino si ispirava a Gv 1,9 per affermare che tutti gli uomini partecipano al Verbo di Dio e, conseguentemente, per dedurne che tutti coloro che “hanno vissuto secondo il Verbo sono cristiani” (Cfr. I Apol., 46).
Nella sua visione teologica, Giustino riconosceva che la verità poteva essere conosciuta anche al di fuori della Rivelazione biblica, da parte di quei “pagani” che... possedendo anch’essi il “lógos spermatikòs” (o “ragione seminale” che dir si voglia, di fatto intesa come una “porzione” del Lógos-Cristo)... avevano potuto intuire "frammenti" di verità.
Secondo questa concezione (riscontrabile, tra i Padri greci, anche in Atenagora e Clemente Alessandrino), Dio aveva dunque parlato all’umanità non soltanto mediante la Rivelazione biblica, bensì anche attraverso i migliori filosofi del paganesimo, i quali avevano saputo elaborare formulazioni filosofiche veritiere (pur se ancora parziali) e, in quanto tali, compatibili con la verità della Rivelazione biblica.
Attraverso questo ponte di comunicazione tra la Rivelazione cristiana ed il pensiero filosofico greco, possiamo adesso avvicinarci anche al concetto teologico di “legge naturale”, che affrontiamo nella prossima tappa.

Piste di approfondimento:
- Cristo vita cosmica; Questione vitale (Nel mio blog “Diario di un monaco, discepolo di Swami Roberto”)
- La preesistenza di Cristo (Nel mio blog “Sui Sentieri del Vangelo di Giovanni”)





Segue: Legge naturale... e Rivelazione naturale

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