Legge naturale... e Rivelazione naturale

Nella tappa precedente abbiamo visto come i teologi cristiani dei primi secoli abbiano stabilito dei “ponti di comunicazione” con il mondo filosofico greco poggiandosi sulla cristologia giovannea del Logos, in virtù del fatto che "logos" era un termine presente nello stoicismo, dove veniva inteso come una realtà divina, una forza, un'energia, un “soffio vitale” che animava il mondo... alla quale si riteneva partecipasse anche il logos dell'essere umano.
Nella mentalità filosofica greca, la conseguenza etica di tale concezione implicava che il “saggio” stoico diventasse consapevole di questa razionale legge divina presente anche in lui, conformandosi ad essa.
Per definire questo modo di “vivere secondo natura”, volto ad assecondare l'ordine divino del mondo, nello stoicismo venne coniata l’espressione “legge naturale”… e questa concezione, anticamente assai diffusa, venne poi riletta anche in ambito cristiano… dove la legge di natura fu intesa come una “norma” originariamente inscritta da Dio nel cuore di ogni essere umano, al fine di inclinarlo al bene.
Celebre è, in questo senso, la concezione di legge naturale elaborata da Paolo di Tarso il quale, nel momento in cui si trovò ad affrontare la questione di quale potesse essere la morale di riferimento per i “pagani” (ovvero coloro che non conoscevano la Legge mosaica che regolamentava moralmente la vita degli Ebrei), scrisse che tali "pagani... per natura agiscono secondo la Legge... e non avendo Legge, sono legge a se stessi... e dimostrano che quanto la Legge esige è scritto nei loro cuori, come risulta dalla testimonianza della loro coscienza e dai loro stessi ragionamenti" (Rom 2,14-15).
Nella prospettiva paolina, coloro che non avevano ricevuto la Rivelazione sul Sinai potevano dunque ascoltare la voce della coscienza che, di fatto, costituiva una forma “extra-biblica” di rivelazione concessa da Dio a tutti coloro che vivevano in un contesto culturale estraneo alla Rivelazione da Lui donata mediante le Sacre Scritture.
Per tutti loro la “voce” della coscienza, in quanto “testimone” della “legge naturale”, aveva il compito "ora di accusarli, ora di difenderli" (Rom 2,15), guidando la loro ragione a distinguere il bene dal male, ed esprimendosi:
o come una sorta di rimprovero interiore nei confronti delle azioni che si distaccavano dai precetti fondamentali “dichiarati” dalla Legge mosaica...
o come una sorta di consenso interiore alle azioni conformi a tali precetti.

Pressoché nella stessa epoca di Paolo di Tarso, un altro pensatore che inserì la “legge naturale” nelle sue elaborazioni teologiche fu Filone di Alessandria, ebreo di lingua greca noto per aver tra l'altro introdotto il metodo della interpretazione allegorica del Testo sacro, il quale pensava che proprio la legge naturale avesse per esempio guidato i Patriarchi sulla via della rettitudine nel periodo in cui Jahvè non aveva ancora dato a Mosè le tavole della Legge ebraica.
Successivamente a Paolo di Tarso e Filone… nei primi secoli d.C. si inserirono sul "solco" teologico della legge naturale non solo Giustino e Clemente alessandrino (già incontrati nella precedente tappa), ma anche altre fondamentali figure del primo Cristianesimo, tra le quali Origene, Gregorio di Nissa, Giovanni Crisostomo e Ambrogio... in una prospettiva teologica che, ben lungi dalle "chiusure" di certe dottrine cristiane moderne, conferì all'originale concetto cristiano di Rivelazione un respiro universale, “ritmato” sull’azione del Logos-Cristo “che illumina ogni uomo (Gv 1,9).



Piste di approfondimento (Nel mio blog “Sui Sentieri del Vangelo di Giovanni”):
- Il Logos in quanto “Legge naturale”
- Gv 1,9





Segue: « Lo spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità » (Gv 16,13)

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