L'incarnazione del Logos, che rivela il Padre

Nella tappa precedente (Cf. “Rivelazione… e interpretazione”) abbiamo rivisitato alcuni fondamentali aspetti del concetto di Rivelazione divina che è riscontrabile nelle pagine dell’Antico Testamento... mentre adesso passiamo ad osservare come nel Nuovo Testamento tale idea di Rivelazione divina trovi il suo culmine nella concezione fondamentale della cristologia giovannea:
Il Verbo (In greco "Logos", cioè “Parola”) che sin dal principio era “presso Dio”, ed “era Dio” (Gv 1,1-3), ad un certo punto della storia umana “si fece carne” (Gv 1,14) nel corpo di Gesù Cristo.
Riferendosi a questo fondamentale evento salvifico, il quarto evangelista osserva che “Dio nessuno l'ha mai visto; proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato” (Gv 1,18)
In questa prospettiva teologica, con l’incarnazione del Verbo la Rivelazione, intesa come potenza espressiva di Dio verso l’umanità, non si avvale più di intermediari umani com’era avvenuto nei secoli precedenti… perché Gesù è Colui che “dice le parole di Dio” (Gv 3,34) nel senso che in Lui, vero Dio oltre che vero uomo, è il Padre stesso che parla.  
Nella teologia giovannea, con l’incarnazione del Verbo in Gesù di Nazareth la Rivelazione divina si sostanzia quale radicale annuncio che Dio fa di Sé stesso mediante il Figlio unigenito inviato nel mondo:
Il Figlio rivela il Padre con le parole e le opere della sua esistenza e compiendo anche numerosi segni miracolosi… ma non solo:
Per mezzo del Verbo fattosi carne in Gesù, Dio si rivela come il Padre che parla agli esseri umani quali suoi amici, e li invita alla comunione con Lui mediante il Figlio, per renderli dunque partecipi della natura divina: “perché tutti siano uno – dice infatti Gesù – come tu Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi” (Gv 17,21).
Inoltre, il Cristo giovanneo promette anche l’invio dello “Spirito della Verità”, il Paràclito che “insegnerà ogni cosa, vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto... e vi guiderà alla verità tutta intera” (Gv 14,26; 16,13)… ad indicare dunque che la Rivelazione divina da Lui manifestata si sarebbe poi sviluppata in una fase ulteriore ad opera dello Spirito Santo.
Questa nuova fase della Rivelazione divina – ci dice ancora il Vangelo di Giovanni - farà cogliere ai cristiani di ogni tempo il pieno significato degli atti e delle parole di Cristo contenute nel Testo biblico.
Con ciò il quarto evangelista annuncia implicitamente anche un proseguimento dell’attività profetica successivamente all’esistenza terrena di Gesù, e i nuovi profeti saranno chiamati a “trasportare” la Rivelazione divina cristiana nei nuovi tempi e contesti nei quali si troveranno a vivere.

Piste di approfondimento (nel mio blog “Sui sentieri del Vangelo di Giovanni”):
- Il Logos nel Prologo giovanneo
- Cristologia giovannea del Logos
- La missione del Paràclito
- Paràclito, Parusia e Rivelazione




Segue: Dio si rivela anche ai “pagani”, mediante i “semi” del Verbo

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