In questa fase del nostro viaggio, nel quale stiamo addentrandoci nella fondamentale “funzione comunicativa del miracolo”, passiamo adesso attraverso la “messa a fuoco” del concetto di “simbolo” (in greco sýmbolon), un termine che deriva dal verbo greco symbállein (“mettere insieme”, “accostare”) e, dal punto di vista etimologico, è contrapposto al termine diábolos (che letteralmente significa “colui che divide”).
In senso religioso, il simbolo indica qualcosa di appartenente alla realtà sensibile... che rimanda a qualcos'altro, di appartenente alla realtà spirituale-trascendente... e dunque svolge la funzione di "mettere insieme" tempo ed eternità, relativo ed assoluto, limite e perfezione... creando così un trait d'union tra la realtà concreta e sperimentabile nella quale ci troviamo, e la dimensione trascendente.
L'operato di Gesù narrato dagli evangelisti è marcatamente simbolico, nel senso che le sue parole e le sue azioni espresse nella realtà concreta di questo nostro mondo rinviano a ciò che sta oltre... rimandando alla pienezza e alla perfezione trascendente del “Regno di Dio” e della salvezza escatologica.
E' per esempio un linguaggio simbolico quello che Gesù usa nelle sue celebri parabole, (dal greco parabolé, che significa “confronto”, “similitudine”)... le quali vanno comprese un po' come dei “simboli narrati” mediante i quali Egli racconta dei fatti che normalmente possono accadere in questo mondo indicandoli – per l'appunto – come dei simboli della Realtà che non è di questo mondo.
E' proprio cogliendo il messaggio contenuto in questo linguaggio simbolico, che i credenti possono comprendere dei fatti appartenenti al normale svolgersi delle vicende umane, come dei segni espressivi di ciò che sta oltre... cioè dei simboli attraverso i quali Gesù comunica il messaggio religioso incentrato sull'annuncio del Regno di Dio.
D'altronde... poiché Dio, nella sua Essenza trascendente, è di per sé ineffabile, cioè inafferrabile ad ogni umano tentativo di definirLo... il linguaggio umano non può fare a meno di ricorrere al simbolo per parlare di Lui e della sua Realtà.
Ciò è valso anche per Gesù, che sovente ha parlato della Realtà salvifica del Padre nostro utilizzando un linguaggio simbolico formato, oltre che di parole, anche di miracoli... i quali sono dunque da comprendere non soltanto come degli atti taumaturgici volti a portare beneficio al piano fisico delle persone miracolate... ma, ben di più, come dei segni da collocare all'interno del linguaggio simbolico con il quale Egli ha donato all'umanità il suo divino messaggio.
E' per questo motivo che, per esempio, l'evangelista Giovanni si riferisce ai miracoli di Gesù chiamandoli - per l'appunto - “segni”*, come vedremo meglio nel prosieguo di questo nostro percorso.
Segue: Per Volontà divina... e non "a comando"
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* Vedi la voce "Segno" nel glossario del mio blog "Sui sentieri del Vangelo di Giovanni"