Per mettere ulteriormente a fuoco l'aspetto di cui ci siamo occupati nella tappa precedente, ovvero il fatto che i miracoli divini non sono certo compiuti “a comando” (cioè per "ordine" di un qualche essere umano), ma soltanto in attuazione della suprema e perfetta Volontà del Padre nostro... ci è utile adesso ricordare il brano di Matteo (16,1-4) nel quale i farisei e i sadducei si avvicinano a Gesù “per metterlo alla prova”, e Gli chiedono di mostrare a loro “un segno dal cielo”.
Il Rabbi di Nazaret respinge questa richiesta affibbiando ai suoi interlocutori la dura espressione di “generazione malvagia e adultera” perché, evidentemente, nel chiederGli questo segno che Lo accrediti come inviato di Dio, essi hanno un'intenzione che non è certo il frutto di sincerità e bontà d'animo.
E' proprio questa loro “distorsione” interiore ad escluderli dalla possibilità di beneficiare di un “segno”... cioè di uno di quei miracoli di attestazione che invece Gesù opera in altri frangenti della sua missione terrena a beneficio di persone che - a differenza dei farisei e dei sadducei nominati in questo brano - si trovano evidentemente nelle condizioni adatte per riceverli.
D'altronde, la “molla” di questo tipo di miracoli, con i quali il Cristo attesta la propria Divinità, non può mai essere una “pretesa” espressa dall'essere umano... quanto invece la superiore Volontà del Padre nostro, in attuazione della quale Gesù agisce miracolosamente solo quando “vede” che questo è il modo adatto per indirizzare l'interiorità dell'essere umano verso la salvezza.
Pertanto, non ci si può invece attendere che il Signore operi dei miracoli... quando Lui "vede" che essi appagherebbero l'egoismo e/o la meschinità delle persone che Glieli chiedono.
Tornando specificamente all'episodio narrato da Matteo, esso può dunque essere osservato con questa chiave di lettura:
La vita terrena di Gesù avrebbe già dovuto costituire, per i farisei e i sadducei che si trovano al suo cospetto, un segno sufficiente per credere a Lui in quanto Inviato di Dio.
Pertanto, proprio per il fatto che loro sono invece rimasti nell'incredulità, cioè nell'incapacità di cogliere il segno già chiaramente costituito dalla vita stessa di Gesù... si rende palese la loro “chiusura” interiore e, conseguentemente, non può essere accolta la loro richiesta di un ulteriore “segno dal cielo”.
Infatti Gesù respinge tale richiesta rispondendo che a loro “non sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona”.
In precedenza l'evangelista Matteo aveva spiegato questo segno scrivendo: “come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell'uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra” (Mt 12,40).
Nella sua risposta Gesù si riferisce dunque alla parentesi conclusiva della sua vita terrena, quando rimarrà anch'Egli per tre giorni nel “ventre” della morte fisica... per vincerla con la Risurrezione.
Proprio la Risurrezione sarà il segno supremo che costituirà, per questi sadducei e farisei, un'ulteriore opportunità di porre rimedio alla propria ottusa incredulità... per credere in Cristo.
Segue: Il "vedere"... che vede oltre
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