Mentre nel primo caso si tratta, in sostanza, di una preghiera di benedizione che “dice” in anticipo la Grazia divina, nella fiduciosa attesa che essa si manifesti nella vita della persona benedetta… nel secondo caso “benedire” significa esprimere la propria gratitudine di fronte alla Grazia divina che si è manifestata.
A tale riguardo, tra i numerosi passaggi dell’Antico Testamento basti pensare, solo per fare un esempio, alla preghiera di lode e ringraziamento che il salmista eleva a Dio dicendoGli “Benedici il Signore, anima mia!” (103,1.22; 104,1.35)… o anche “Benedetto il Signore, Dio d’Israele: egli solo compie meraviglie. E benedetto il suo nome glorioso per sempre: della sua gloria sia piena tutta la terra. Amen, amen” (Sal 72,18-19).
Un caso particolare di benedizione è costituito dal termine “benedetta/o” (in ebraico “barûk”) rivolto a colei e/o colui che sono riconosciuti come inviati di Dio, persone scelte dal Signore e nelle quali si rivela la sua Potenza e la sua Grazia.
Per esempio, Elisabetta si rivolge a Maria con le celebri parole “benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo” (Lc 1,42)… e durante l’ingresso messianico di Gesù a Gerusalemme, la folla lo acclama gridando “Benedetto colui che viene nel nome del Signore!” (Mc 11,9).
In questi casi… pur se, di fatto, la benedizione viene indirizzata al “benedetto” da Dio, essa si intende comunque rivolta a Dio stesso, che così ha voluto rivelare la sua Grazia.
In definitiva… il supremo “barûk”, vale a dire il benedetto per eccellenza, non può essere altri che Dio e, in assoluto, a Lui soltanto il credente rende grazie, anche quando benedice “Chi” è venuto nel suo Nome.
P.S. - Nella tradizione ebraica, significativo è l’esempio costituito dal trattato Berakhot (Benedizioni) che si trova nella Mishnāh, e contiene le prescrizioni relative alle benedizioni di ringraziamento che i credenti devono rendere a Dio in relazione ai vari aspetti della loro quotidianità.
Segue: Sulle "ali" dello Spirito
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