Dal Suono... al Verbo divino

Nella precedente tappa abbiamo riscontrato come il concetto teologico della “Divina Parola” creatrice sia presente nella tradizione biblica e anche nella tradizione vedica, la quale si riflette poi nei Testi Sacri delle maggiori religioni orientali.
Soffermandoci ancora per qualche momento in Oriente, possiamo osservare come il concetto della Parola divina (Vāc) che porta l'universo all'esistenza, sia intrecciato con un'altra idea religiosa, ovvero quella del “suono primordiale” (nâda) che è all'origine del cosmo: « Tutto ciò che è percepito come suono dicono i testi, è shakti, cioè Potenza Divina. Ciò che non ha suono è il principio stesso » (J.Chevalier e A.Gheerbrant, Dizionario dei simboli, Rizzoli Milano, 1986, p.437).
In questa prospettiva religiosa, il suono della sillaba sacra "Om" è considerato una manifestazione della forza spirituale divina, un'incessante “eco” del suono primordiale che ha manifestato il “creato” e, in quanto tale, l'Om è anche inteso quale simbolo della realtà indifferenziata soggiacente a questo mondo fenomenico: « Questa sillaba (Om) in realtà è il Brahman, questa sillaba è la cosa suprema » (Katha-Upanisad, 2,16).
Dalla sillaba sacra Om si considera poi discendente qualsiasi altra parola:
« Come tutte le foglie si agglomerano infilate su una canna che le attraversa, così ogni parola si fonde nel suono om. Il suono om è tutto questo universo »
(Chandogya-Upanisad, 6,23,4).
Considerando poi che nel sanscrito la lettera “o” è fondamentalmente « un dittòngo risultante foneticamente dalla contrazione delle vocali “a” e “u” che pronunciate rapidamente danno il suono di “o” » (Cfr. M. e J. Stutley, Dizionario dell'Induismo. Roma, Ubaldini, 1980, p. 312)... la sillaba sacra Om ci mette in contatto con l'altra sillaba sacra per eccellenza, "Aum", la cui celebrazione coinvolge la totalità dell'apparato vocale umano, racchiudendo simbolicamente in sé tutti i suoni nella vibrazione sacra che ne è la sintesi.
In questa visione teologica, le sillabe sacre Om e Aum rappresentano dunque il suono primordiale che manifesta la forza spirituale-creativa del Brahman*, simboleggiando la sua divina presenza nella “māyā” (termine sanscrito che significa “illusione, inganno, apparenza”), cioè nella dimensione limitata nella quale ci troviamo.
Inoltre, se mettiamo in relazione questo concetto con ciò che abbiamo visto riguardo all'idea teologica della Divina Parola (Vāc) creatrice (Cfr. « Un concetto religioso “trasversale”: è la Parola divina che porta ogni cosa all'esistenza »)... possiamo anche comprendere come il mantra Om venga celebrato in Oriente in quanto « espressione sonora indifferenziata che rappresenta l'essenza verbale sottile dell'universo.» (M.Delahoutre, Grande Dizionario delle religioni, Cittadella Editrice, Assisi 1990, p.1259).

Ebbene... dopo aver incontrato queste due orientali sillabe sacre, Aum e Om, rappresentazioni simboliche della “totalità sonora” e “dell'essenza verbale sottile dell'universo”, possiamo adesso far ritorno alla tradizione cristiana, “riapprodando” nel prologo del quarto Vangelo.
Anche qui, pur se in un contesto teologico evidentemente diverso, ritroviamo il concetto della divina “essenza verbale”: si tratta del Verbo (in greco Lógos) di Dio, cioè il Cristo che, ci dice l'evangelista Giovanni, “era presso Dio e il Verbo era Dio” (Gv 1,1), e “tutto è stato fatto per mezzo di lui” (Gv 1,3).
Ci troviamo così di fronte a quella fondamentale concezione neotestamentaria che, oltre a costituire la base della teologia trinitaria, fa anche da “sbocco” all'antica tradizione biblica della Dābār Jahvè, la Parola di Dio che portò ogni cosa all'esistenza (Cfr. Gen 1).
Il Verbo giovanneo ci parla infatti della mediazione che Cristo opera tra il Dio trascendente e l'universo nel quale ci troviamo, in quanto Parola divina che funge da agente di quella creazione che, nella prospettiva biblica, è sostanzialmente un evento sonoro, che “rintocca” nell'insistito “Dio disse” scandito per 7 volte (un numero che biblicamente significa "totalità") nel primo capitolo della Genesi (Cfr. Gen 1,3.6.9.11.14.20.24)... e mediante il quale ha avuto origine la manifestazione di tutto "ciò che esiste" (Gv 1,4).

In queste due ultime tappe, abbiamo dunque rilevato svariate “assonanze” tra due pianeti religiosi teologicamente diversi, osservando in rapida successione:
- La concezione orientale del “Signore della creazione” (Prajapati) che fa sbocciare tutto ciò che esiste da quel suono primordiale che riecheggia nelle sillabe sacre Om e Aum...
- La concezione biblica del Dio di Abramo Isacco e Giacobbe, che nella Genesi vediamo partorire l'universo mediante il suono di quella divina Parola che poi l'evangelista Giovanni individua teologicamente nel Cristo, designato con il termine greco Lógos (Verbo).

Adesso... proseguiamo ulteriormente questo nostro percorso sul “binario” della Parola divina, focalizzando la nostra attenzione su una fondamentale parola della tradizione biblica, ovvero "Amen", un vocabolo che... guarda caso :-) ... è foneticamente assonante con la sillaba sacra Aum.



Segue: Il divino Amen

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P.S. - Piste di approfondimento:
Nel mio blog "Diario di un monaco, discepolo di Swami Roberto" :
- L'ex anello mancante
- Ciò che è...
- In principio
- Fede "creativa"
- Lampada per i miei passi
- Suono unico ed inconfondibile
Nel mio blog “Sui sentieri del Vangelo di Giovanni” :
- Gv 1,2-3
- Gv 1,3-4 (Nota esegetica)
- Il Logos nel prologo giovanneo
- Dal Logos della filosofia... al Logos di Gv
- Cristologia giovannea del Logos
- Gli antecedenti del Logos giovanneo

* Glossario:
- Brahman. Nell'Induismo il Brahman è l'assoluto, immutabile ed eterno, la realtà suprema e non duale del Vedānta. Nella sua astrazione, l'idea di coscienza assoluta è inconcepibile razionalmente. Al minimo tentativo di concretizzazione, essa diventa Īśvara. Il Brahman è uno stato di trascendenza pura, non può quindi esser formulato né dal pensiero né dalla parola. (Cfr. K.Friedrichs, Dizionario della saggezza orientale, Mondadori, Milano 2007, p.57)
- Upanisad. In sanscrito il termine Upanisad (upa: “vicino a”, ni: “in basso”, sad: “sedersi”), significa  “sedersi ai piedi del maestro per ascoltare i suoi insegnamenti”. Le Upanisad costituiscono l'ultima parte della śruti (Veda) e sono la base principale per le dottrine del Vedānta, insieme di speculazioni filosofiche che conclude i Veda. (Cfr. K.Friedrichs, Dizionario della saggezza orientale, Mondadori, Milano 2007, p.445)
- Vāc. Nella tradizione vedica, il termine sanscrito Vāc, (o anche Vach, Vak) in quanto sostantivo ha il significato di "parola", "voce", o anche "suono"; Come nome, Vāc « è la shakti (principio femminile) di Prajapati, il “Signore della creazione”, che si serve di lei per creare l'universo: è attraverso la parola divina che gli elementi vengono alla luce ». (Dizionario delle religioni orientali, Garzanti Editore 1993, Vallardi)
- Veda. In sanscrito il termine Veda significa “sapienza”. I Veda costituiscono la rivelazione (śruti, letter. “audizione"). Secondo la tradizione hindū, infatti sarebbero stati redatti dai rsi (poeti ispirati, veggenti) in seguito a una rivelazione divina (o autorivelazione, secondo la tradizione più ortodossa) ottenuta durante uno stato di profonda meditazione. (Cfr. K.Friedrichs, Dizionario della saggezza orientale, Mondadori, Milano 2007, p.457)
- Vedānta. Il Vedānta (un termine che in sanscrito significa “fine dei Veda”) è costituito dalle considerazioni finali contenute nelle Upanisad. Questi testi contengono riflessioni relative al Brahman e all'Ātman. Bādarāyana li raggruppò nei Vedānta.  (Cfr. K.Friedrichs, Dizionario della saggezza orientale, Mondadori, Milano 2007, p.457). Il Vedānta indica sia la letteratura delle Upanisad, che effettivamente chiude il Veda, sia il sistema o la scuola (Darśana) che si fonda sulle conclusioni tratte dalle Upanisad. (M.Delahoutre, Grande Dizionario delle religioni, Cittadella Editrice, Assisi 1990, p.2226)