In questo mio viaggio nel Soprannaturale, che ci ha appena visti giungere nei "terreni" teologici di cui vi ho parlato nella tappa “Mente e Suono... che si fanno preghiera”, apro oggi una parentesi incentrata proprio sull'azione di pregare... che in senso generale può essere intesa come l'atto con il quale un credente si rivolge a Dio mediante parole, pensieri, gesti... per chiederGli aiuto e protezione... o per lodarLo, adorarLo, ringraziarLo.
Mentre sul concetto di “preghiera liturgica” - cioè sulla preghiera destinata al servizio cultuale di una comunità religiosa - avremo modo di tornare in altri momenti di questo nostro viaggio... ci addentriamo adesso nella dimensione prettamente personale della preghiera e, per farlo, entriamo da una “porta” costituita da queste parole di Swami Roberto:
« Nella vita spirituale, non esiste “fenomeno” più grande e sorprendente che possa coinvolgerti in toto: ogni qualvolta che, con tutta la tua sincerità, ti raccogli in te stesso e parli con l’Altissimo… accade che l’Altissimo si inchina, si abbassa e ti avvolge, ti innalza e ti libera dallo sgomento.
In questa Terra, nulla è più potente della tua preghiera.
Essa apre i cieli e fa entrare il Dio degli Universi nella tua vita, per restaurarla.»
Sin dai tempi antichi la preghiera personale, cioè la comunicazione religiosa che l'essere umano stabilisce singolarmente con Dio, è un “fenomeno” universale... utilizzato dal credente per rivolgersi a Lui, per lodarLo e per attingere ogni bene dalla sua soprannaturale fonte di Grazia divina.
Focalizzando l'attenzione sulla prospettiva biblica e, in particolare, sulla concezione forgiatasi in seno alla tradizione ebraica... si rileva che la preghiera è intesa come la più alta espressione devozionale del credente il quale... ogniqualvolta si accinge a pregare... è chiamato innanzitutto a liberarsi da qualsiasi pensiero che non sia rivolto a Dio, e a concentrare ogni attenzione sul fatto di trovarsi alla sua divina Presenza, come ci ricorda questo esemplificativo passaggio del Talmūd : “Quando pregate, sappiate davanti a chi vi trovate” (Ber. 28 a).
Al contempo, il credente è chiamato ad esprimere un profondo senso di riconoscenza per i benefici incessantemente ricevuti da Dio, a cominciare dal soffio vitale della Rûah, che il Signore gli dona respiro dopo respiro.
E’ con questa fondamentale disposizione d'animo che viene per esempio celebrata la Bërākhāh, cioè la tradizionale preghiera ebraica di lode e benedizione, che contiene tra l'altro le parole: “Sii benedetto, Signore, nostro Dio, re dell'universo”.
Questa disposizione di deferenza e gratitudine nei confronti del Signore costituisce dunque la componente fondamentale della preghiera biblica... alla quale si aggiunge poi anche la componente di richiesta che il credente rivolge a Dio a fronte di particolari sue necessità esistenziali, che lo inducono a chiedere all’Onnipotente un determinato aiuto.
Per cogliere il significato della preghiera personale in seno alla tradizione ebraica, è comunque necessario sottolineare che l'espressione di gratitudine per i beni oggetto delle preghiere di benedizione e ringraziamento... come anche le richieste di aiuto (oltre che la stessa devozione espressa nell'esperienza religiosa vissuta comunitariamente)... non avrebbero valore in mancanza di un corretto atteggiamento nei confronti della Tōrāh, dal cui studio dipende la ricchezza dei frutti provvidenziali accordati da Dio nella vita del credente. E' infatti mediante lo studio della Sacra Scrittura che il credente ha la possibilità di cogliere il volere di Dio contenuto nella Tōrāh... al fine di poterlo portare poi a compimento nella propria vita (cfr. Dt 30,1-20).
Nella prospettiva ebraica, le più alte espressioni di preghiera sono raccolte nel libro biblico dei Salmi che, di fatto, costituisce il trait-d'union tra la tradizione orante ebraica e quella cristiana, della quale ci occuperemo nella prossima tappa.
Segue: Il modello di preghiera custodito nei Vangeli
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