Mente e Suono... che si fanno preghiera

Nella tappa precedente (Cfr. “Il divino Amen”) abbiamo toccato il concetto biblico del “Cristo - Amen” (Ap 3,14), osservandone in particolare alcuni aspetti che, come una sorta di “eco”, si riverberano anche nelle sillabe sacre per eccellenza della tradizione orientale, ovvero Om e Aum.
Come abbiamo visto, la fondamentale importanza religiosa attribuita a questi suoni sacri scaturisce da una concezione teologica presente, in modo "trasversale", nelle tradizioni che fanno riferimento alla Bibbia e ai Veda*:
Il suono della Parola divina (in ebraico Dābār, in sanscrito Vāc) è all’origine di tutto ciò che esiste in questo nostro mondo (Cfr.  “E' la Parola divina che porta ogni cosa all'esistenza”)... ed è anche il mezzo attraverso il quale il Dio trascendente continua incessantemente a manifestare la sua “essenza verbale” nella dimensione dell'immanenza (Cfr. “Dal Suono... al Verbo divino”).
Ebbene... questa è la basilare “piattaforma” concettuale dalla quale scaturisce anche la concezione religiosa secondo la quale il mantra, cioè la ripetizione verbale o mentale di una preghiera, è una pratica che “sollecita” la  trasformazione interiore... nella convinzione che l'espressione di determinati suoni e/o pensieri divini da parte del fedele, contribuisca alla sua "divinizzazione". 
Composto dalla radice sanscrita “man” (da cui il termine manas, che va messo in parallelo col latino mens, “mente”) e dal suffisso -tra (che indica uno strumento), il termine mantra ha dunque il significato di “strumento per pensare” e, per esempio, nella tradizione religiosa induista esso « è una formula, una litania che viene continuamente ripetuta: la sua ripetizione ritmica, eseguita soprattutto a livello mentale, aiuta a raggiungere l'equilibrio della mente, a trovare dentro di sé la parte buona, l'energia vitale, e ad avvicinarsi al divino.» ["Induismo, Spiritualità e tradizione sulle rive del Gange", G.Filoramo (coordinamento e consulenza scientifica), 2005, Laterza/Mondadori, p.30]
Strettamente collegato al mantra è il “japa” (in sanscrito “mormorare, bisbigliare”), un termine che designa la ripetizione... con la voce o anche solo con la mente...  di un nome di Dio o di una formula sacra (mantra) a scopo meditativo. 

Trovandoci ancora nel “binario parallelo”* che abbiamo imboccato nelle ultime tre tappe... anche in questo caso possiamo osservare come tali tecniche di preghiera, diffuse soprattutto in Oriente, trovino una ideale corrispondenza in alcune pratiche che caratterizzano la tradizione orante cristiana:
Tra le più popolari, basti pensare per esempio al “Rosario”, la pratica devozionale costituita dalla ripetizione di un insieme di preghiere che, nell'intenzione del credente, formano come una corona di rose in onore della Madonna... oppure alla “giaculatòria”, la breve preghiera recitata con fervore, che può anche essere celebrata mentalmente durante le occupazioni quotidiane.
Nel filone cristiano della “preghiera ripetuta” si colloca poi anche la “litania”, cioè la formula di preghiera che durante il culto liturgico è pronunciata dall’officiante e ripetuta, interamente o in parte, dai fedeli... i quali possono poi utilizzare la litania anche nella loro devozione privata, celebrando le formule di preghiera litanica nelle proprie case.
Un caso particolarmente significativo di preghiera ripetuta è riscontrabile in seno al Cristianesimo ortodosso nella forma della “preghiera di Gesù” la quale, nella sua forma originaria, consiste nella frase “Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me”.
Questa preghiera giaculatoria è costituita dalla ripetizione ininterrotta delle sopracitate parole, prima pronunciate a voce alta e poi bisbigliate e/o celebrate mentalmente in un processo di progressiva interiorizzazione... all'interno di un “orizzonte” teologico nel quale la ripetizione della “preghiera di Gesù” è volta a condurre il fedele sulla via di quell'unione con Dio, o “divinizzazione” che dir si voglia, che... per esempio... costituisce uno dei cardini dell' Esicasmo, ovvero di quel particolare sistema spirituale contemplativo volto a ricercare la perfezione del credente nella sua unione con Dio, attraverso la pratica della preghiera incessante.

A questo punto appare dunque chiaro che le pratiche cultuali designate dai termini mantra, japa... litania, giaculatoria, rosario... pur avendo avuto origine in contesti religiosi diversi mostrano anche evidenti tratti comuni.


Segue: La preghiera nella tradizione biblica

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P.S. : Ripercorri il "binario parallelo"* costituito dalle tre tappe precedenti:
« Un concetto religioso “trasversale”: è la Parola divina che porta ogni cosa all'esistenza »
« Dal Suono... al Verbo divino  »
« Il divino Amen »

Puoi trovare ulteriori piste di approfondimento nel mio blog "Diario di un monaco, discepolo di Swami Roberto":
"Le braccia levate al cielo"
"A proposito di preghiera"
"Concetti... e preconcetti"
"Occhi sbarrati"

* Glossario:
- Vāc. Nella tradizione vedica, il termine sanscrito Vāc, (o anche Vach, Vak) in quanto sostantivo ha il significato di "parola", "voce", o anche "suono"; Come nome, Vāc « è la shakti (principio femminile) di Prajapati, il “Signore della creazione”, che si serve di lei per creare l'universo: è attraverso la parola divina che gli elementi vengono alla luce ». (Dizionario delle religioni orientali, Garzanti Editore 1993, Vallardi)
- Veda. In sanscrito il termine Veda significa “sapienza”. I Veda costituiscono la rivelazione (śruti, letter. “audizione"). Secondo la tradizione hindū, infatti sarebbero stati redatti dai rsi (poeti ispirati, veggenti) in seguito a una rivelazione divina (o autorivelazione, secondo la tradizione più ortodossa) ottenuta durante uno stato di profonda meditazione. (Cfr. K.Friedrichs, Dizionario della saggezza orientale, Mondadori, Milano 2007, p.457)