Nel corso della tappa “Rûah in azione transitoria... e permanente”, abbiamo rivisitato la tradizionale concezione giudaica secondo la quale lo Spirito di Dio avrebbe dimorato in modo permanente sul Re-Messia, cioè su Colui che non sarebbe stato consacrato da mano d’uomo ma, ben di più, sarebbe stato unto direttamente da Jahvè.
Nell’attesa giudaica il Messia avrebbe dato inizio ad un tempo di felicità e santità - la cosiddetta “era messianica” - nel quale si sarebbe compiuto l’annuncio profetico di Gioele : “Io (il Signore) effonderò il mio Spirito sopra ogni uomo e diverranno profeti i vostri figli e le vostre figlie; i vostri anziani faranno sogni, i vostri giovani avranno visioni” (Gl 3,1).
In questo tempo messianico – annunciavano inoltre i profeti dell’Ebraismo - il Signore avrebbe posto il suo Spirito nel cuore dell’uomo per renderlo interiormente ricettivo alla sua Voce e fedele alla sua Giustizia (Cf. Ez 36,25-27), e la Rûah Jahvè avrebbe così costituito a tutti gli effetti la forza divina in azione nel tempo della Nuova Alleanza.
Com’è noto, nella prospettiva cristiana questa attesa messianica trova il suo compimento con la nascita di Gesù di Nazareth, grazie al quale Dio-Padre fa all’umanità il dono escatologico dello Spirito, che viene effuso sui credenti (cf. At. 2,16-18).
Rispetto alla concezione veterotestamentaria dello Spirito-rûah, inteso quale forza che permette ai prescelti da Dio di svolgere le missioni loro assegnate, e che conferisce loro anche la capacità di operare prodigi… in Gesù l’azione dello Spirito di Dio raggiunge una pienezza senza precedenti:
Mentre nella tradizione ebraica coloro che sono ispirati da Jahvè sono guidati dallo Spirito divino e, di fatto, ne sono come “afferrati”, in Gesù lo Spirito si esprime come parte di Lui, a comprova del fatto che Egli è il Messia sul quale “riposa lo Spirito” (Is 61,1)… e ciò accade perché il Padre è sempre con Lui (cf. Gv 8,29).
E’ questo il motivo per cui Gesù non "riceve" la parola di Dio, ma… in ogni attimo della sua esistenza terrena... Lui “dice le parole di Dio (e) senza misura egli dà lo Spirito”, in virtù del fatto che Lui è “uno” con il Padre (cf. Gv 3,34; Gv 10,30).
In sostanza, nella concezione neotestamentaria lo Spirito Santo è Dio stesso in quanto potenza, forza e grazia, che emana da Dio e che dimora stabilmente in Gesù… ed è a causa di ciò che nel Verbo incarnato si esprime in modo del tutto “naturale” la potenza soprannaturale del miracolo.
Gesù Cristo non può rivelare il Padre senza al contempo rivelare il suo Santo Spirito, perché “Dio è Spirito” (Gv 4,24).
Ciò non toglie che, proprio per l’attività che Gli viene attribuita nei Vangeli, lo Spirito vada considerato un’altra persona divina rispetto al Padre e al Figlio (cf. Gv 14,16), ed è in relazione a questa realtà che scaturisce la peculiare e ben nota dottrina cristiana del Dio uno e trino.
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