Abbiamo appena visto come nella prospettiva biblica riscontrabile nelle pagine dell’Antico Testamento, il “miracolo” sia un atto di Dio che può essere riconosciuto anche nello svolgersi ordinario degli eventi naturali.
A rivelare la “miracolosità” degli atti divini è sempre e comunque lo sguardo religioso che, sulla base di due fondamentali “coordinate”, identifica tali atti come azioni mediante le quali Dio entra in dialogo con l’essere umano.
La prima di queste due coordinate è quella appena evidenziata, costituita dall’ambito dei fenomeni naturali nei quali si rende palese l’atto di potenza divina… mentre la seconda è costituita dallo scorrere della storia di Israele, all’interno della quale possono distinguersi delle “circostanze” temporali che, nella loro particolarità, possono presentarsi quali “segni” dell’azione provvidenziale di Dio.
All’interno del normale fluire del tempo, Jahvè dialoga infatti con il suo popolo scegliendo dei momenti ben precisi per compiere “puntualmente” determinati atti, che possono così essere riconosciuti come prodigiosi proprio perché è il loro tempismo a rivelare la divina “regìa” che vi è sottostante, volta a far sì che gli avvenimenti terreni “s’incastrino” a meraviglia gli uni negli altri, per dare attuazione ai divini piani provvidenziali.
E’ da questo punto di vista che, per esempio, il sopraggiungere di uno stormo di quaglie può essere riconosciuto come un “prodigio” mediante il quale Jahvè risponde alle preghiere che Gli sono rivolte saziando, con il giusto tempismo, la fame del suo popolo (Es 16,13; Nm 11,31-34) … e questa “lettura” di fede non può minimamente essere scalfita dalla prospettiva a-religiosa che, invece, interpreta tale evento come un normale fenomeno migratorio, al pari di tanti altri che si verificano nel regno animale (Cf. «Le "Meraviglie di Dio", nella prospettiva del Libro biblico dell'Esodo»).
Oltre che sui singoli avvenimenti, Jahvè esercita la sua piena signoria temporale anche su “grande scala”, intervenendo all’interno del fluire della storia per dare attuazione al Patto di Alleanza (in ebraico Berith) stipulato con il suo popolo.
Nella concezione ebraica, Jahvè esercita tale signoria sul tempo per mettere in pratica le sue promesse di salvezza in favore del popolo ebraico, come ci ricorda per esempio il compimento del tempo della liberazione dalla schiavitù d’Egitto (Cf. Es 3,7ss).
Inoltre, poiché l’Onnipotente vuole educare il suo popolo all’osservanza della Legge e al rispetto dell’Alleanza, Egli “orchestra” anche dei tempi di purificazione dall’infedeltà, com’è per esempio il tempo della peregrinazione nel deserto che Jahvè dispone prima di consentire l’insediamento del popolo nella terra promessa (Cf. Num.14,33)… o anche il tempo della deportazione babilonese che deve compiersi prima che Jahvè consenta la liberazione dall’esilio.
Oltre che per dialogare con il suo popolo inteso come entità collettiva, Jahvè esercita la sua signoria sul tempo intervenendo anche nella storia di ogni singola persona, la quale si trova pertanto nella possibilità di riconoscere il miracolo in ragione del tempismo con il quale si verificano certi avvenimenti:
Allo sguardo comune essi possono apparire normali, ma per il diretto interessato tali fatti si rivelano invece prodigiosi, proprio perché si verificano in certi momenti ben precisi, in un modo favorevolmente decisivo per le sorti della sua esistenza.
Segue: « Non tenterete il Signore vostro Dio » (Dt 6,16)
Vai al GPS