Dopo aver gettato uno sguardo sui fatti miracolosi raccontati nel libro dell’Esodo, tradizionalmente considerati come gli eventi fondatori della biblica storia della salvezza, possiamo adesso abbozzare un primo “ritratto” del miracolo utilizzando i fondamentali “colori” teologici attinti dalla “tavolozza” che ci è fornita dalla tradizione ebraica.
Insieme a tali eventi fondatori (che in latino sarebbero poi stati ribattezzati “Mirabilia Dei”), nell’Ebraismo sono considerati miracoli anche certi altri eventi particolari che si presentano come una insolita azione di Jahvè, una sua opera potente che suscita meraviglia e si inserisce nel suo piano provvidenziale per la salvezza del “popolo dell’alleanza”… ma non solo.
Nella concezione religiosa ebraica è considerato miracoloso anche il fatto che Jahvè, dopo aver manifestato la creazione (Cf. Gen 1,1ss), la rinnovi poi continuamente, di giorno in giorno, in modo che il mondo continui ad esistere… così come è miracoloso l’incessante “soffio” della vita che Dio insuffla nel corpo dell'essere umano e di ogni essere vivente (Cf. Il “Soffio vitale” della Rûah).
Pertanto, il fedele ebreo riconosce quali fatti “oggetto di meraviglia” anche l’insieme dei fenomeni che avvengono regolarmente nel suo corpo e, per esempio, egli vive il fatto di respirare (e anche qualsiasi altra funzione fisiologica) come un atto che fa parte del suo rapporto con Dio, Il quale provvede alla sua salute rinnovando incessantemente il divino soffio vitale.
Esemplificativo, a tale riguardo, è un paragrafo della voce “miracolo” del “Dizionario comparato delle religioni monoteistiche, Ebraismo – Cristianesimo – Islam”, nel quale viene riportata la prima parte della “preghiera mattutina” celebrata in seno alla tradizione ebraica « Benedetto sia tu, Dio eterno, che guarisci ogni carne e compi Miracoli »… alla quale il redattore aggiunge poi questa sua considerazione: « Durante la giornata l'uomo pio ripete il primo ringraziamento del giorno per le rinate forze del corpo, che si conclude con questa Berachàh, anche dopo esser andato di corpo (b Berchot 60b). Con ciò esprime la consapevolezza di trovarsi, in ogni situazione della propria esistenza, di fronte a “colui che compie Miracoli”, che collega l'anima al corpo e conferisce all'uomo la sua identità. Qui è viva una percezione del Miracolo secondo cui, se Dio non vuole, neppure un capello può cadere dalla testa dell'uomo (1 Sam 14,45; cfr. b Baba Batra 16a) » ( D.Vetter, Op.Cit,, 2002 Edizioni Piemme, p.448).
Rivisitando questa prospettiva di fede, risulta naturale ricordare anche il celebre passo del Libro dei Re (Cf. “Teofanie bibliche”) nel quale il Signore manifesta la sua divina presenza attraverso il “sussurro di una brezza leggera” (1 Re 19,11-12) - invece che mediante “un vento impetuoso… un terremoto… un “fuoco” - contraddicendo così la mentalità di coloro che pretenderebbero di veder agire il Signore in un modo necessariamente straordinario, perdendo di vista quanto Lui può realizzare anche in ciò che è ordinario, cioè in quella “normalità” all’interno della quale lo sguardo religioso può riconoscere l’azione divina, giungendo anche a discernere, in certi casi, i “tratti” miracolosi dei fatti “oggetto di meraviglia”.
P.S. - A questa prospettiva di fede - che riconosce l’azione provvidenziale e miracolosa di Dio in tutti gli avvenimenti, ordinari e straordinari - è invece estranea l’idea del miracolo inteso come deroga/sospensione di quelle “leggi di natura” che sono un concetto scientifico moderno, e non biblico.
Segue: "Tempismo prodigioso"
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