Parole "miracolose" nel Nuovo Testamento

Nel Nuovo Testamento, le principali parole greche usate per indicare il miracolo, sono “dynamis” (atto di potenza), “erga” (opere trascendenti), “teras” (prodigio), “sēmeion” (segno).
Come già avevamo fatto nel post «Parole "miracolose" nella Bibbia ebraica», anche in questo caso possiamo abbozzare una basilare distinzione tra tali “parole miracolose” utilizzate nel Nuovo Testamento, assumendo quale riferimento la classica tripartizione che individua nel miracolo biblico “un prodigio religioso (aspetto psicologico: punto di vista dello spettatore o testimone), un’opera di potenza (aspetto ontologico: punto di vista della causa che lo produce), un segno mandato da Dio (aspetto semiologico: comprensione dell’intenzionalità)” (cf. R.Latourelle, “Miracoli di Gesù e teologia del miracolo”, Cittadella Editrice, Assisi, 1987, p.355).

All’aspetto psicologico va ricondotto il termine “teras” (prodigio), riferito a quei fatti insoliti che provocano stupore e meraviglia nell’essere umano, e che sono talvolta definiti anche con i vocaboli greci “thaumasia” (meraviglie) o “paradoxa” (fatti inattesi).  

All’aspetto ontologico vanno ricondotti i termini “dynamis” (atto di potenza) e “erga” (opera trascendente), riferiti agli atti per i quali viene sottolineata la causalità divina, messa in risalto dall’umana incapacità di compierli. Delle opere (erga) compiute dal Padre e dal Figlio parla soprattutto l’evangelista Giovanni, mentre degli atti di potenza (dynamis) parlano soprattutto i Sinottici.

All’aspetto semiologico va ricondotto il termine “sēmeion” (segno), che è chiaramente riferito all’intenzione divina che il credente è chiamato a riconoscere nei prodigi che provocano in lui stupore e meraviglia, come anche nelle manifestazioni di potenza che trascendono le sue umane possibilità.




Segue: Un primo sguardo d'insieme sui miracoli di Gesù

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