Una finestra sull'evoluzione storica della concezione di miracolo

In questa fase del nostro percorso nel Soprannaturale, ci accingiamo a lasciare momentaneamente in disparte la concezione “ordinaria” di miracolo che abbiamo rivisitato a partire dalla tappa « Il “miracolo” nella tradizione ebraica »… per focalizzare la nostra attenzione unicamente sul miracolo inteso nella sua accezione “straordinaria”, in ciò obbligati dal fatto che siamo in procinto di orientare il nostro sguardo sui segni miracolosi, evidentemente straordinari, operati da Gesù nel corso del suo ministero pubblico.
Però, prima di osservare da vicino i miracoli narrati nei Vangeli, è opportuno aprire qui una parentesi che dia conto, almeno sinteticamente, di alcuni aspetti problematici dei quali ha dovuto occuparsi la moderna teologia del miracolo... in concomitanza con il progressivo sviluppo delle scienze naturali.
Per farlo, dobbiamo partire dal ricordare quanto abbiamo visto nelle ultime tappe di questo nostro percorso:
I primi 5 libri dell’Antico Testamento (l’ebraica Tōrāh, denominata “Pentateuco” dai cristiani) fanno emergere una concezione di “creato” inteso come un’opera di Dio che fa sorgere dal caos il “cosmo”, cioè l’insieme dei processi naturali i quali – nell’antica concezione biblica - dinamicamente si esprimono non grazie a delle autonome “leggi”, bensì in quanto manifestazioni del potere di Dio, Il quale rinnova incessantemente la sua opera di creazione per evitare che il cosmo ricada nel caos.
Detto in altri termini: dall’Antico Testamento si evince un’idea di natura intesa non come una realtà indipendente, regolata da leggi immanenti... quanto invece come un’opera divina “in divenire”, incessantemente governata dalla Parola e dalla Sapienza di Dio.
Rispetto a questa originaria prospettiva biblica, il moderno concetto di “trascendimento delle leggi di natura” è evidentemente un vero e proprio “corpo estraneo”… per il semplice fatto che – come abbiamo appena ricordato - la Bibbia non contempla un’idea di cosmo regolato da “leggi di natura” che funzionino autonomamente, dopo essere state inizialmente stabilite da Dio.
Però, nel corso dei secoli questa originaria concezione biblica ha segnato una progressiva evoluzione e, in particolare, nel tardo medioevo si è fatta sempre più strada nel pianeta religioso la concezione secondo la quale il miracolo è un intervento divino che infrange lo svolgersi ordinario dei processi naturali... tant’è vero che, per esempio, Tommaso d’Aquino scriveva: “Qualche cosa viene detta miracolo quando ha luogo al di fuori dell’ordine della creazione tutta intera” (Summa Theologiae, Ia, q.110, a. 4. c.).
Un’ulteriore evoluzione dell’idea religiosa di miracolo si è poi verificata in concomitanza con il sopraggiungere della cosiddetta “epoca dei lumi” (XVI-XVII sec. ca.), quando lo sviluppo della mentalità scientifica ha fatto sì che la natura venisse intesa come “un sistema conchiuso, oggettivo, sottomesso a delle leggi, ad un determinismo che la scienza conosce e domina” (X.L. Dufour, “I miracoli di Gesu secondo il Nuovo Testamento, 1980 Editrice Queriniana, Brescia, p.12).
Parallelamente... in seno alla teologia del miracolo furono elaborate delle definizioni che si allontanavano ulteriormente dall’originaria concezione biblica e, andando oltre anche rispetto alla sopracitata concezione elaborata da Tommaso d’Aquino, concepivano il miracolo come un intervento divino che “deroga/sospende le leggi della natura”.
Conseguentemente, poiché nell’epoca moderna la scienza ha individuato l’esistenza ed il funzionamento di tali “leggi di natura”...  i miracoli di Gesù hanno potuto essere osservati anche da una prospettiva secondo la quale, per esempio, la sua guarigione di un cieco nato (cf. Gv 9,1ss), o il suo camminare sulle acque (Mc 6,45-52; Mt 14,22-33; GV 6,15-21)... hanno potuto essere considerati rispettivamente come una violazione delle leggi organiche studiate dalla scienza medica, e una violazione della legge di gravità.
Questa concezione del miracolo inteso come una deroga/sospensione delle “leggi di natura” è quella che è poi diventata generalmente prevalente fino ai giorni nostri, com’è facilmente riscontrabile per esempio in un comune vocabolario della lingua italiana, che oggi definisce il miracolo come un fatto sensibile straordinario che si verifica “fuori e al di sopra del consueto ordine della natura” (Cf. http://www.treccani.it/vocabolario/miracolo/).

Ebbene… è proprio questa la concezione religiosa rispetto alla quale, sin dal XVII-XVIII secolo, il neonato razionalismo scientifico si era trovato in netta contrapposizione visto che, nella loro prospettiva, le scienze naturali non possono certo ammettere una qualche realtà che, in maniera soprannaturale, trascenda e/o sospenda le “leggi di natura”... ma possono tuttalpiù ammettere l'esistenza di processi naturali che risultano ancora sconosciuti all'indagine scientifica.
Astenendoci dall’entrare adesso nelle numerose sfaccettature di questa annosa questione, ci basti qui osservare che, in ambito cristiano, una delle principali reazioni verificatesi in seno alla moderna “teologia del miracolo” a fronte delle critiche mosse dalla mentalità scientifica, è riconducibile alla posizione teologica che il filosofo francese Maurice Blondel espresse nel 1896 sulla sua “Lettre sur l'apologétique”, nella quale sottolineava come il miracolo non potesse consistere nel solo prodigio, ma assumesse invece significato dal segno che Dio, attraverso il prodigio, propone all’attenzione degli essere umani.
Qualche anno più tardi, Blondel avrebbe anche aggiunto: “Lungi dal negarne la realtà o la discernibilità, mi sono sempre premurato di stabilire che il miracolo non è soltanto un prodigio fisico pertinente esclusivamente ai sensi, alla scienza o alla filosofia, ma che esso è nello stesso tempo un segno rivolto ad ogni uomo, un segno di ordine spirituale e di carattere morale e religioso, un segno che non rivela tanto l’esistenza della Causa prima (di cui i fatti naturali possono bastare a rendercene certi), quanto la bontà di un Dio-Padre che segna il suo intervento speciale e che autentica così un dono soprannaturale” (“Revue du Clergé français”, 15.4.1904, p. 405).
Evitando di incentrare il miracolo primariamente sul prodigio, ma tornando invece a porre in primo piano il significato semiologico, cioè il messaggio religioso che Dio dona all’essere umano attraverso il fatto miracoloso... nel XX secolo la prospettiva che è diventata prevalente in seno alla cristiana “teologia del miracolo” ha operato una sorta di “riavvicinamento” all’originaria visione biblica, subordinando l'aspetto "fenomenico" del miracolo al suo significato di "segno", rispetto al quale la scienza non può ovviamente avere voce in capitolo.
All'interno del dialogo tra fede e scienza si è assistito, in sostanza, ad una sottolineatura dei rispettivi campi di competenza, reciprocamente inviolabili.
In questa prospettiva, di fronte ad un fatto insolito, sorprendente, straordinario, per il quale non è possibile trovare alcuna spiegazione ragionevole nelle capacità umane o in altre forze conosciute in questa dimensione... si aprono questi due scenari:
- La scienza potrà constatare che si tratta di un fatto generato da una causa oggi sconosciuta che però, dal punto di vista scientifico-razionale, rimane teoricamente conoscibile in futuro.
- Lo sguardo religioso potrà invece legittimamente pensare che si tratta di un miracolo e, oltretutto, potrà farlo anche senza aver bisogno di tirare necessariamente in ballo l’idea di “trascendimento delle leggi naturali” perché - come abbiamo per esempio visto nella tappa "tempismo prodigioso" - le condizioni "particolari" che segnalano l'intervento divino non sono riconoscibili soltanto in rapporto alle "leggi naturali".
Infatti... poiché il miracolo è primariamente un “segno” della presenza di Dio... dal punto di vista religioso non è tanto il prodigio in sé a determinare il miracolo, quanto invece il riconoscimento del fatto che Dio si serva di un avvenimento particolare, per comunicare agli esseri umani il suo messaggio.

Per il momento chiudiamo qui questa sintetica parentesi storica… e riprendiamo adesso il nostro percorso che, nella prossima tappa, comincerà a prendere in considerazione le “parole miracolose” del Nuovo Testamento.


Segue: Parole "miracolose" nel Nuovo Testamento

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P.S. - La sopra-citata idea di “trascendimento delle leggi di natura” non soltanto risulta ovviamente “indigesta” alla scienza, ma solleva varie questioni anche in seno al dibattito teologico dove - solo per fare un esempio – si rilevano anche posizioni che ritengono impraticabile l'idea di un Dio che sconvolga le leggi naturali che Egli stesso ha disposto.
D’altronde, già Agostino di Ippona affermava: «Noi infatti pensiamo che tutti i portenti siano contro natura, ma in verità non lo sono. Non può essere contro natura ciò che avviene per la volontà di Dio, perché la volontà dell’eccelso Creatore è la natura di qualsiasi essere creato. Il portento dunque non avviene contro natura, ma contro quella natura che a noi si manifesta» (De civitate Dei, XXI, 8,2).
Inoltre, non va dimenticato che lo stesso concetto di “natura” è a tutt’oggi assai controverso, tanto da essere definito in modi differenti dalle varie correnti filosofiche, anche contemporanee.