Nelle due tappe precedenti abbiamo cominciato a rilevare la complessità del rapporto tra fede e miracolo, osservando come in certi casi la fede sia il presupposto indispensabile del miracolo... ed in altri casi sia invece il miracolo a precedere la fede, suscitandola.
Un ulteriore aspetto insito in questo rapporto, è quello che prendiamo oggi in considerazione, e che possiamo comprendere se teniamo conto della fondamentale caratteristica dell'esistenza umana, ovvero il fatto di svolgersi in un susseguirsi di esperienze che comportano, per la persona che le vive, la necessità di un dinamico e continuo aggiornamento della sua condizione interiore.
Di tale condizione fa parte anche la fede, che pertanto... ben lungi dal poter essere un “monolite” statico, una realtà interiore definitivamente compiuta e “cristallizzata”... è invece una componente viva, attiva, in continuo divenire.
In quanto tale... durante l'attraversamento dei diversi passaggi esistenziali la fede può anche andare incontro ai classici “alti e bassi” perché... in ogni momento... essa deve sempre fare i conti con la libertà del credente che la vive e che... di volta in volta... può trovarsi nella necessità di esprimerla, di difenderla, di ravvivarla, di riconquistarla, di farla crescere.
Quest'ultimo è, per esempio, uno dei messaggi spirituali custodito nell'episodio della guarigione di un epilettico, dal quale Gesù scaccia lo spirito del male.
Ai suoi discepoli, che in precedenza non vi erano riusciti e che Gli chiedono “Perché noi non siamo riusciti a scacciarlo?”, Gesù risponde:
« Per la vostra poca fede. In verità io vi dico: se avete fede pari a un granello di senape, direte a questo monte: “Spostati da qui a là”, ed esso si sposterà, e nulla vi sarà impossibile » (Mt 17,19-20).
In questo episodio narrato dall'evangelista Matteo, l'intervento taumaturgico di Gesù contiene dunque un invito rivolto ai discepoli affinché ne traggano motivo innanzitutto per ravvivare, e poi anche per ingrandire la propria fede, così da accedere ad un piano di azione superiore... nel quale poter fare anche le “opere... più grandi”alle quali per esempio si riferiva Gesù in un altro suo celebre insegnamento rivolto ai suoi discepoli (cf. Gv 14,12)* .
In sostanza... il cammino della fede è una via che va percorsa passo dopo passo, in una maniera interiormente dinamica capace di trarre motivo di maturazione dal “banco di prova” costituito dalle alterne vicende della vita.
Ed è in questa prospettiva che il “segno” divino può svolgere la fondamentale funzione di ravvivare la fede, per aiutarla a crescere e quindi anche a “reggere” gli eventuali “urti” determinati dalle problematiche esistenziali.
* Vedi Gv 14,12 (nel mio blog “Sui sentieri del Vangelo di Giovanni”)
Segue: La "Beatitudine della fede"
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