"Segno"... e libertà

Nell'ambito di questo nostro percorso nel Soprannaturale, che nelle ultime tappe ha esplorato il rapporto tra il miracolo e la fede, apriamo adesso una parentesi che ci permette di soffermarci sul particolare aspetto dell'inviolabilità della nostra umana libertà, che non viene mai prevaricata dall'intervento del Padre Nostro.
Assumendo questa prospettiva... e tornando per esempio ai fondamentali aspetti del miracolo che abbiamo preso in considerazione nella tappa “parole miracolose nel Nuovo Testamento”, possiamo infatti osservare che:

a) Pur se l'aspetto ontologico del miracolo [designato dai termini “erga” (opere trascendenti) e “dynamis” (atto di potenza)] di per sé si impone, perché la straordinarietà degli interventi divini (che si manifestano in una maniera che oltrepassa le capacità umane e/o l'ordinarietà degli eventi) inevitabilmente determina lo stupore che è insito nell'etimologia della parola “miracolo” [dal latino “mirari”, (ammirare, meravigliarsi)]... in ogni caso, all'essere umano rimane comunque la libertà di credere, o di non credere.... ovvero di riconoscere tali avvenimenti straordinari come degli interventi divini o, invece, di attribuire la loro straordinarietà al caso, o magari anche a delle ipotetiche cause naturali al momento sconosciute.

b) Ancor più chiaramente "subordinato" all'umana libertà è poi l'aspetto di intenzionalità divina riconducibile al termine “sēmeion” (segno), perché il "messaggio" che Dio vuole dare con il miracolo semplicemente si propone all'essere umano, il quale ha la possibilità di riconoscerlo, o di ignorarlo.

Proprio il fatto che nei suoi interventi miracolosi il Padre nostro non invada mai lo spazio della nostra umana libertà, costituisce l' “ambiente vitale” della nostra fede.
Al pari dell'amore, anche la fede è infatti tale solo quando essa è frutto della libertà... al punto che la fede può anche essere intesa come la libera risposta di amore che ciascuno di noi può dare, o non dare, alla Grazia divina... cioè al perfetto Amore mediante il quale il Padre nostro prende l'iniziativa di venirci incontro, e di interpellare la nostra interiorità per condurci sulla via della Salvezza.
E' in questa particolare prospettiva che si evidenzia, tra l'altro, l'assurdità di quelle umane aspettative che pretenderebbero da Dio delle prove “certe” per poter credere... e alle quali per esempio si riferiva anche il grande scrittore russo ottocentesco Fedör Dostoevskij quando scriveva: « Tu, o Cristo, non discendesti dalla croce, quando ti si gridava: “Discendi dalla croce e crederemo che sei tu”, perché una volta di più tu non volesti asservire l'uomo. Avevi bisogno di un amore libero e non di servili entusiasmi. Avevi sete di fede libera, non di una fede fondata sui prodigi.» (F. Dostoevskij, I Fratelli Karamazov, cap. 5, Il Grande Inquisitore).

In effetti, non avrebbe nessun senso parlare dell'Amore di Dio se Lui non preservasse sempre lo spazio della nostra umana libertà, consentendoci quella discrezionalità che costituisce la “vita” della fede e dell'amore che ciascuno di noi può esprimere...
Ed è anche per questo motivo che il modo più appropriato per riferirsi ad un fatto miracoloso consiste proprio nel definirlo “segno”... intendendo con questo termine un avvenimento dal significato non immediatamente evidente, il cui senso può essere colto unicamente dalla fede.




segue: “Vedere” il Segno divino (Gv 6,26)

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